Natale sulla Terra (parte III) – la salvezza

Natale sulla Terra (parte III) – la salvezza

Xz9, mentre pensava a queste cose, sazio di quel suo primo pasto umano, volava sopra i cieli di regioni che, dall’alto, formavano tanti conglomerati di lumini che parevano brillare nello sfondo nero della notte. Si era stancato di quelle parole assurde e incomprensibili, aveva fame e ascoltando quell’umana, che diceva quelle sciocchezze e parlava di cose da mangiare, aveva raggiunto il colmo dell’esasperazione: ora, pensava, se non altro aveva capito cosa provavano gli umani quando emettevano certe vibrazioni e facevano certi gesti con la faccia; poteva dare un significato a parole come disappunto, frustrazione… delusione. Ma anche ira. Era stato quello che aveva provato prima di avvolgere e ingurgitare l’umana. Non vi era solo la necessità e l’abitudine di espandersi e inglobare, ma aveva sentito quello strano sentimento per la prima volta. Qualcosa aveva imparato, in fondo.

E poi, pensava, inoltre che altro ho fatto, divorando quella terrestre, se non “festeggiare il Natale”: l’unica cosa che aveva capito di quella ricorrenza era che il festeggiamento consisteva nel mangiare. E lui aveva mangiato. Buon natale! Quanto allo stare “in famiglia”, cioè insieme a un piccolo gruppo di simili da cui si era generati o che si erano generati, lui, xz9, era parte costitutiva di Tusuful, come lo erano, correntemente, altri centomila Chtusufuli x09. Non capiva il bisogno di stare con un gruppo particolare di individui della propria specie.

Mentre ragionava in quel modo, xz9 vide che ora stava attraversando una grande zona nera senza una sola luce: era il mare, e mancava ormai poco a raggiungere la navicella, dove lo attendevano xz8 e xz7, per fare poi ritorno alla nave-cellula e riferire al Capo del Consiglio di Tusufu. In fondo a quella grande massa scura e liquida, scorgeva una striscia di terra illuminata, anche se meno e con minore intensità rispetto ai luoghi dove si era fermato poco prima.
Era quasi giunto a destinazione, quando, sorvolando la costa, udì alcune parole che lo fecero fermare. I Chtusufuli x09 hanno una capacità di ricezione acustica estremamente sviluppata rispetto agli umani: il loro udito copre uno spettro audio molto esteso, e sono in grado, in condizioni di silenzio e non interferenza, di isolare e percepire suoni a chilometri di distanza.

In quelle parole vi era qualcosa che non aveva mai sentito sino ad allora, e che lo colpirono come una rivelazione, o almeno un indizio verso qualcosa che aveva cercato invano fino a poco prima.

Santo Natale!” Diceva una vocina, rivolta evidentemente a qualcuno che, da lassù, xz9 non poteva certo vedere. “Un santo Natale anche a voi“, rispondeva un’altra. Ancora quel natale… ma, questa volta, associato a una parola nuova, che non aveva mai sentito pronunciare nei discorsi tra umani, durante la sua recente visita, né tantomeno in relazione alla festa. Che poteva significare quella cosa, che ora veniva a riaprire e a rimettere in discussione tutta la faccenda? Gli era sfuggito qualcosa? Doveva scoprirlo, prima che fosse troppo tardi.

Ridiscese velocemente sulla Terra, dalla costa verso l’interno, nella direzione da cui aveva sentito provenire le voci. Qui, Xz9 si accorse subito che il luogo era molto diverso da quello che aveva esplorato la sera prima: niente grandi palazzi illuminati, né grandi o fastose decorazioni. Nessuna luminaria lungo le strade o gli edifici. Soltanto… ecco: avvertiva una vibrazione più intensa delle altre, verso un edificio con una grande stella davanti e, in cima, un segno che aveva visto molte volte in varie parti della Terra, ma senza mai capirne il significato, fatto di due travi di legno fissate insieme. Davanti all’edificio erano radunati molti umani, alcuni dei quali dall’apparenza molto diversa rispetto a tutti quelli che aveva precedentemente visto. Si avvicinò a quella folla per guardare chi fossero.
Erano radunati nel piazzale davanti alla costruzione con il segno, dove stava una capanna. Dentro c’erano due umani adulti – un uomo e una donna – , con delle bestie ai lati e un piccolo al centro. Un bambino. Attorno a lui, tutti gli umani stavano emettendo dei suoni armoniosi. Xz9 percepiva delle vibrazioni d’onda più calde e intense di quanto le avesse mai sentite da quando era sulla Terra. Quando finì la musica, Xz9 chiese a un uomo che gli stava al fianco: «Salve, che cos’è questo?»

«È un presepe vivente, per celebrare il Natale».

Un presepe? Sembrava una normale famiglia con un bambino piccolo. Cosa c’era di speciale in tutto quello? E cosa c’entrava col Natale? Doveva essere qualcosa legato a quella parola: “santo”.
Osservò le espressioni degli umani sotto quell’edificio povero detto capanna. Erano fermi, in piedi, e sorridevano. Ma, a differenza dell’umana che aveva divorato, le vibrazioni che emanavano erano armoniose e calde, simili a quelle emesse dagli umani quando ridevano o si univano. Xz9 notò che, poco distante, stava un piccolo umano con un’espressione negli occhi che non aveva mai visto, e con la bocca aperta mentre guardava il presepe.

«Mamma, è Gesù quello?»

La donna che era insieme al bambino sorrideva e rispose: «Sì, amore, è Gesù!».

Subito, però, prima che xz9 avesse il tempo di parlare con quegli umani e pensare alle parole appena udite, altri terrestri si avvicinarono al presepe e lo coprirono alla vista sua e dei due.

La mamma allora disse: «Dobbiamo andare, Joseph. La nonna ci aspetta» e, preso il bambino per mano, si allontanarono dalla folla.

Xz9 decise di seguirli.

A dieci minuti dall’edificio col presepe, appena fuori del paese, lungo una stretta strada con poche altre case, stava l’abitazione di Joseph e della sua famiglia, un piccolo edificio bianco a un solo piano, coi muri scrostati. Xz9 si mise alla piccola finestra per vedere e ascoltare. Dentro, oltre alla mamma e il bambino, c’erano altri due umani femmine: una era più piccola del bambino, l’altra più vecchia della mamma. Quest’ultima era in piedi, di fronte a un banco con sopra alcune cose da cui emanavano odori e vapore, che doveva essere il mangiare umano. La bambina era di fianco a lei e imitava le azioni della vecchia.

Appena il piccolo e la mamma entrarono, il bambino le andò incontro e unì la bocca sul volto della vecchia dicendo: «santo Natale, nonna!».

La Nonna rispose: «un santo Natale a te, gioia della nonna».

«Nonna, sai che ho visto Gesù?! Alla Chiesa dell’Annunciazione, dopo la messa di mezzanotte. C’erano anche Maria e san Giuseppe, e il bue e l’asinello!»

«Davvero? Be’, è Natale, ed è nato stanotte. Proprio mentre tu e la mamma eravate a messa».

«Già. Ma era proprio lì, in carne ed ossa! Tu lo hai mai visto, nonna?»

«Ma certo, Joseph. Gesù nasce ogni anno, a Natale, per tutti gli uomini»

«Ma non è nato una volta sola, cento e cento e cento anni fa?»

«Sì, ma nasce tutti gli anni, anzi tutti i giorni. È nato una volta a Betlemme, e poi è sempre rimasto con noi, con tutti quelli che credono in lui e fanno la sua volontà: altrimenti, come potrebbe salvarci?»

«Ma… quel bambino non era veramente Gesù! Era uno che gli somigliava… cioè un altro bambino normale».

«Ma sì che era Gesù, in un certo senso. Gesù non è diventato un bambino, poi un uomo? Quindi, quando Gesù è nato, era esattamente come te quando sei nato; esattamente come quel bambino che hai visto. Quindi quel bambino, in quella mangiatoia in quella capanna, era esattamente come Gesù, come se fosse Gesù»

«”Come se fosse”… ma non era lui!»

«Ogni uomo è a immagine di Dio, no? E Dio si è fatto uomo, si è fatto bambino. Quindi ogni bambino, ogni uomo è un po’ come se fosse Gesù… soprattutto i bambini, perché sono tutti belli, come eravamo in origine, prima di diventare grandi e cattivi… e come eravamo ancora prima, prima di ribellarci a lui… e come sei tu, Joseph».

«E come era anche quel bambino. Sembrava proprio Gesù!». Joseph sorrise e aggiunse: «credevo davvero di essere a Betlemme e di vedere Gesù, che bello!»

«Forse non te ne accorgi, ma ogni volta che sei bravo, che provi sentimenti di bene verso qualcuno, o che fai qualcosa di buono senza che nessuno te lo chieda, vedi Gesù nel tuo cuore».

«Dai, Joseph, aiuta la nonna ad apparecchiare la tavola. Io porto a letto tua sorella, che è tar… cosa c’è, mamma?»

«C’è qualcuno fuori, sulla porta! Vado a vedere»

«Salve, sono xz9. Non voglio farvi paura. Sono straniero e…»

«Entri, prego. È il benvenuto. Si sieda con noi, stiamo per metterci a tavola».

«Grazie. Ho ascoltato quello che dicevate. Volevo capire che cosa fosse questa festa, che in tutto il mondo è detta “Natale”, e ora, per la prima volta, sto capendo finalmente che cosa sia. Ma ancora non mi è chiaro chi sia questo bambino, Gesù. È lui che si festeggia dunque».

La vecchia sorrise.

«E tutto questo, in tutta la Terra, per festeggiare un bambino?»

«Ma non è un bambino qualunque, è Dio! È venuto sulla Terra per salvarci dal male». Ora era Joseph che parlava.

Xz9 era perplesso. «Dio chi è?»

«Il creatore dell’universo»

«Allora è per questo che la sua nascita ha tanta importanza. Egli è più importante di un re!».

«Certo, è il re dei re».

«Ed è venuto per salvare tutti? Ma salvare da che cosa?»

«Dal male. Dalla morte», rispose la vecchia.

«Ho visto guerre e sofferenze sulla Terra, e capisco che cosa sia il male. Da dove vengo io, gli diamo nomi diversi – buio; impossibilità di espandersi; distruzione – , ma lo capisco. Ma come fa questo Gesù a salvare dalla morte? Quando non è più possibile volere, né espandersi nello spazio, ci si esaurisce e viene la distruzione, ed è tutto finito, per sempre. Non si sente più niente».

«Con l’amore è possibile vincere la morte e vivere per sempre. Il nostro corpo finisce e si distrugge, ma la nostra anima, se abbiamo amato come ci ha amati Gesù, vivrà per sempre in Lui. Gesù ce l’ha promesso. Questo non è possibile che venga distrutto».

«Guardando voi, gli uomini davanti alla chiesa e sotto quella capanna, capisco cos’è l’amore. Da dentro di voi, quando vi unite coi corpi o quando sentite allo stesso modo, vengono delle vibrazioni, come dei suoni che si fondono e si uniscono in una cosa sola. Questo è ciò che chiamate amore. Ma da dove vengo io non gli abbiamo mai dato un nome e non siamo mai riusciti ad esprimere questo sentimento. Almeno non fino ad oggi… Sì, ora capisco perché è tanto importante questa festa. Da noi i re comandano e si espandono. Il vostro re, invece, dona amore e vi permette di espandervi e volere per sempre, ma in un modo diverso. Un dono… ora capisco anche il significato di questo parola, dei regali. E lo fa senza chiedere nulla in cambio. Deve essere bello amare questo Dio».

I tre umani (la bambina era stata messa a letto) erano rimasti zitti ad ascoltare, con curiosità e stupore. Non sapevano nemmeno chi fosse nella loro casa, né donde venisse o che intenzioni avesse, ma lo trattavano come fosse uno di loro, un loro simile o un familiare. Un figlio dello stesso Dio? Questo pensiero balenò improvviso nella mente di xz9.

«Ho un’ultima domanda. Avete detto che Gesù ha creato tutto l’universo ed è venuto per salvare tutti. Tutti gli uomini».

«Sì, è così», rispose la nonna, «tutti gli uomini che credono in Dio e in suo figlio Gesù. Tutti gli uomini che divengono, amandoLo e seguendoLo, facendo della loro la Sua volontà, figli di Dio e discepoli di suo figlio».

Tutti gli uomini… Figli… Diventare figli di un bambino! Che cosa apparentemente assurda eppure magnifica. Ma lui, lui non era né uomo né figlio né padre di nessuno. O almeno, non come lo intendevano gli umani. Ma la volontà, quella ce l’aveva.

«Tutti dunque possono essere salvati da questo bambino? Tutti possono diventare suoi discepoli?»

Tutti e tre, all’unisono, mossero su e giù la testa.

«Anche chi non è… un uomo?»

«Hahaha, ma signore, che altro potrebbe essere? Ehehe, e se anche lei non fosse di questa Terra, se anche venisse dalla Luna, Dio è creatore dell’universo, e sarebbe pur sempre opera Sua, non trova?»

«Già».

Ora sì, ora poteva riferire alla navicella e alla nave-cellula. Avrebbe riportato tutto quello di cui era venuto finalmente a conoscenza. Quel mistero impenetrabile pareva risolto, eppure – davvero l’universo era infinitamente ricco! – allo stesso tempo si infittiva ancora di più: era troppo grande, troppo profondo per poterlo spiegare con poche parole. Bisognava sentire, guardare quegli umani, avvertire le loro vibrazioni e le loro espressioni, ammirare il presepe vivente. Quel bambino. Gli avrebbero creduto i suoi simili? E, comunque, non era suo dovere testimoniare ciò che aveva visto e udito (testimoniare… come conosceva quella parola? Eppure si era sorpreso a pensarla!), anche a costo di non essere creduto o di trovare l’opposizione della gerarchia e del Consiglio di Tusufu?

Guardò il bambino, la mamma e la nonna, assumendo anch’egli l’espressione di gioia e di innocenza che aveva visto nei loro volti. Sorrideva e provava sensazioni mai provate prima d’ora.

«Non so come ringraziarvi. Avete risposto alle mie domande e mi avete fatto conoscere il Bambino. Ora so cos’è il Natale. Ora so cosa mi sono perso per tutta la vita. Anzi, ora so cosa significa vivere».

Il bambino, non sapeva perché, gli aveva stretto la mano. I volti della nonna e della mamma avevano assunto un’espressione diversa, a lui ancora in parte sconosciuta, ma le loro vibrazioni interiori erano sempre calde e armoniche. Anche le sue, le avvertiva per la prima volta, dovevano ora essere della stessa lunghezza, dovevano essere, in quel momento, una cosa sola con quelle degli umani.

«Da dove vieni?»

Era stato il bambino a parlare.

«Non importa».

«Non… non è importante da dove si viene… non deve dircelo se non vuole».

«No, non è importante. Ora sono qui. Ora so dove vado. Questo è l’importante»

Xz9 strinse la mano del bambino.